Andrea Del Ponte, il latino come sinfonia e un libro che è un dovere leggere

Non sempre sono d’accordo con tutto ciò che dice e fa Andrea Del Ponte, professore di latino e greco del liceo D’Oria.
Ad esempio, a lui l’attuale governo piace molto di più di quanto piaccia a me.
Ma vorrei dieci, cento, mille, Andrea Del Ponte per la sua passione, per la carica con cui fa tutto ciò che fa, per il cuore e la mente che ci mette sempre.
Caratteristiche che, evidentemente, ha nel Dna.
Ricordo il suo papà Sergio, il primo giorno che arrivò in redazione al Giornale con un impermeabile che faceva molto tenente Colombo, un po’ scarruffato, e mi conquistò con appunti dove aveva annotato i tuoni, i fulmini, l’acqua, i soli e il passare del tempo e delle stagioni con una precisione maniacale, ma utilissima a capire i fenomeni naturali.
Non un metereologo cialtrone come quello raccontato splendidamente da Alessandro Baricco, Gabriele Vacis e Natalino Balasso in “Smith and Wesson” visto anche in una emozionante versione teatrale l’anno scorso al Modena, nell’ambito della stagione che poi ci ha portato al Teatro Nazionale, quando Angelo Pastore e Giorgio Gallione e Mattia Scarsi e Manu Martinez erano ancora “solo” coppie di fatto e non uniti in matrimonio ufficiale, ma Gian Enzo Duci era già il cardinale officiante dei bilanci in ordine.
Insomma, un padre prezioso e importante, che un giorno Andrea ha postato così in una foto sui social: “Un giovanissimo papà che mi è il più caro. Mi ha insegnato a capire i fenomeni del cielo, ad amare il fiore e il piccolo animale, ad avere rispetto per ogni forma di vita, a conoscere e apprezzare la bellezza della montagna. È moltissimo. Per questo ti voglio bene, perduto papà”.
Ecco, scrive così il professor Del Ponte e amo la sua scrittura anche per questo.
Così come amo la sua passione per il latino e il greco, unica, a Genova e probabilmente anche in Italia.
Lo ricordo volentieri “traduttore teatrale” dell’Eneide di Sergio Maifredi, uno dei racconti mediterranei che abbiamo imparato ad amare nella Pieve Ligure di Adolfo Olcese, nella Sori di Paolo Pezzana, a Luni e in giro per l’Italia.
Lo ricordo una sera proprio a Sori, io con Beppe Croce Bermondi che è un altro nome da carta d’identità dell’amore per le lingue classiche, ad applaudire la lectio magistralis di Peter Stein sulla nascita della tragedia con l’entusiasmo di un ragazzo e a volantinare con i suoi ragazzi del D’Oria per pubblicizzare le giornate del latino, il “Festival della cultura classica”, con dibattiti, musica, rappresentazioni e addirittura una splendida cena al Bergese con menù tutto latino.
Insomma, è rimasto un ragazzo nell’anima, Del Ponte.
E non potrei fargli complimento più bello.
E quest’anima traspare in tutto dal suo libro “Per le nostre radici – Carta di identità del latino” (Aracne edizioni) con la prefazione di Salvatore Settis.
Un libro che consiglio a tutti di correre a comprare prima di Natale perchè è una sinfonia, piena di ritmo e di ritmi diversi.
A Genova lo si trova dalla libreria Bozzi in via San Siro, nel centro storico, che è una specie di cripta dei tesori letterari; oppure lo si può ordinare via web ad Aracne edizioni o ancora scrivere anche attraverso i social ad Andrea Del Ponte per acquistare una copia autografata e dedicata.
E in questo particolare c’è tutto Del Ponte: supersocial e anche superclassico e a suo agio in tutte e due le condizioni, nel futuro e nella difesa del passato e della cultura classica, di cui “Per le nostre radici” è un manifesto programmatico.
Evito di “spoilerare” la tesi di fondo, che comunque è molto identitaria come dice il titolo, ma cerco di darvi qualche spunto per capire che questo libro non “può” essere letto, ma “va” letto.
Sfumatura linguistica decisiva.
E così il libro suona tutte le musiche della cultura classica, riuscendo a divertire e soprattutto a sorprendere.
E’ un saggio, ma qualche volta Del Ponte riesce a trasmettere a chi legge l’emozione di un thriller e, soprattutto, riesce a spiazzare.
Penso, ad esempio, alla serie geniale di citazioni di autori che difendono la cultura classica, alcuni assolutamente disorganici rispetto alla cultura di provenienza di Del Ponte, ma tutti centratissimi all’interno di questa galleria.
E’ un’emozione unica anche, ad esempio, la scelta dei testi per il dizionario finale che conclude il libro, con una serie di opere e di autori che anche in questo caso sorprende, a partire dalla scelta delle voci che Del Ponte fa per accompagnare il suo A-Z e dalle sue traduzioni che sono quasi testi aggiunti a loro volta.
Fedelissime agli autori, ma contemporaneamente eversive.
E’ un ossimoro vivente questo libro.
E visto che fino ad ora vi ho citato la “vertigine delle liste”, per citare Umberto Eco, contenute in “Per le nostre radici”, vi dico anche che la parte saggistica originale è addirittura più avvincente.
E che questo saggio si legge come un romanzo.
Soprattutto, alla fine, ci si può fermare a discutere e addirittura a litigare sui contenuti.
E anche stavolta non potrei fare complimento più bello.

2 pensieri su “Andrea Del Ponte, il latino come sinfonia e un libro che è un dovere leggere

  1. Buongiorno,
    vi sarò grato se correttamente pubblicherete questo mio commento, da semplice lettore, anche se non sarà esattamente apologetico come questa recensione rispetto al lavoro del professor Del Ponte.

    Nonostante il suo insegnamento, rispetto al quale non conservo un bel ricordo (tutt’altro), la frequentazione del liceo D’Oria mi ha permesso di appassionarmi alle lingue classiche e proseguire i miei studi in questo ambito fino a oggi.

    Per questo motivo il mio commento non verterà circa il pessimo ricordo che io possa avere per un professore che infarciva le sue lezioni di sgradevoli e ossessive esternazioni xenofobe e riferimenti nostalgici (che lui stesso rivendica pubblicamente senza ipocriti infingimenti).
    Non è quindi mio interesse ora accodarmi a quanti, ex-alunni e colleghi, in quegli anni altrimenti piacevoli al liceo classico D’Oria, gli contestavano simpatie nazionaliste e fasciste, passioni che in lui superavano decisamente quella per le materie insegnate.

    L’appunto che vorrei fare è solo nel metodo e nel merito di questo suo ultimo testo, édition à compte d’auteur, che per imprudente curiosità e comune passione per la materia ho scelto di leggere.

    In estrema sintesi: trovo intellettualmente disonesto piegare l’interpretazione di testi e contesti a tesi di parte (in questo caso destra, estrema. Ma varrebbe lo stesso discorso si trattasse di tesi simil-comuniste anziché neofasciste).
    Penso sia (è ho studiato essere) essenziale, nella traduzione ma soprattutto nell’esegesi dei testi, tener conto del contesto e non adattarlo in maniera disinvolta e scorretta all’oggi.

    Questo libro vorrebbe arruolare il latino e la storia da una precisa parte politica, quella di chi vorrebbe alzare barriere tra i popoli e fermare il consueto procedere della storia umana, in un eterno conflitto anti-cristiano che innalza il mito delle ‘radici’ dimenticando che gli uomini e le donne non sono alberi, e hanno orecchie e bocca per ascoltarsi e parlare, gambe per muoversi liberamente per la terra. Il pessimo servizio a chi pure vorrebbe avvicinarsi al latino è fargli credere che sia una passione per retrogradi con simpatie fasciste e nostalgia dei regimi totalitari e imperiali, non è così: il latino è di tutti, e insegna seppure nelle rigide regole della sua grammatica, la libertà dell’uomo.

    Con stima immutata per lei, direttore, e disistima sul piano intellettuale confermata per l’autore di un libro che risulta supportare tesi faziose e storicamente infondate, a tutto detrimento di chi davvero oggi ritiene il latino e le lingue classiche un ottimo ‘luogo’ dal quale guardare l’oggi.

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  2. Gentile Signor Paolo, spulciando sull’web alla ricerca dei libri scritti da Andrea del Ponte, mi sono casualmente imbattuta in questo suo commento. Ognuno e’ libero di pensare quello che vuole, per cui nulla da dire sulla sua opinione al riguardo del professore (pur ricercato da tanti genitori che aspirano a dare solide basi culturali ai loro figlioli). Vorrei solo farle notare di essere un uomo fortunato in quanto ha avuto l’occasione di sviluppare interessi verso argomenti di alta qualità, quali, per esempio, il mondo classico. anche per merito di un professore di cui non condivideva le idee ma certamente sapeva insegnare i fondamenti di lingue difficili, Purtroppo il 90-95 per cento delle nuove generazioni sfornate dalla scuola riformata, quella “progressista e democratica” voluta dagli “antifascisti” (in realtà fascisti contemporanei) non solo sono lontanissimi dalla preparazione da lei posseduta ma – poveretti! – si dibattono nella coniugazione di un verbo al passato remoto e quando parli loro di Alessandro il Grande credono che si tratti di un conoscente di taglia XL (extra large)!

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